martedì 27 dicembre 2011

piano sanitario regionale: I COMMENTI DEI MEDICI DI ANAAO E COSMED

Introduzione
In occasione del convegno organizzato dalla segreteria regionale del Piemonte dell’ANAAO ASSOMED, per il
19 dicembre, presso l’Aula Magna dell’Ospedale Molinette di Torino, abbiamo voluto produrre un documento
che evidenzi le problematiche presenti sul Piano Sanitario Regionale proposto dalla Giunta Regionale e su
un’opera attesa da molti anni che non ha mai trovato realizzazione: la Città della Salute.
Il senso di questo breve documento non è semplicemente quello di individuare le criticità o le parti su cui
non siamo d’accordo, ma anche di proporre soluzioni. I sindacati non sono solo e sempre latori di interessi
particolari o espressione di una mera volontà di migliorare gli aspetti retributivi. Una visione vetero-aziendalistica
che etichetti l’associazionismo sindacale in questo modo ignora un caratteristica fondamentale: il
sindacato rappresenta lavoratori della sanità che conoscono molto meglio i problemi reali di molti presunti
“manager” dell’ultima ora.
Innanzitutto va precisato che la Sanità italiana, secondo l’ Ocse Health at a Glance appena pubblicato, impegna
una quantità di risorse finanziarie adeguate. La spesa complessiva è perfettamente nella media; il 9,5%
del Pil a fronte di una media dei paesi OCSE del 9,6%. Malgrado questo, siamo ben consci che esistono delle
sacche di inefficienza assai rilevanti e disomogeneità marcate sul territorio nazionale. Il debito pubblico
sanitario è praticamente in mano a poche regioni del centro-sud (guarda caso proprio quelle con una alta
incidenza di strutture private convenzionate), e i cosiddetti “viaggi della speranza” sono il segno evidente di
una carenza strutturale e organizzativa che è ben lungi dall’essere sanata. Se è vero che l’Agenas ha evidenziato,
in un report che sarà reso noto nei prossimi mesi, che esistono strutture, in alcune regioni, che hanno
percentuali di tagli cesarei che vanno dal 20 all’80%, oltre ad altre difformità macroscopiche, è chiaro che
la priorità principale di un sistema sanitario deve essere l’appropriatezza. Su questo tema, l’ANAAO ASSOMED
vorrebbe più concretezza, non solo a livello ospedaliero ma anche a livello territoriale. Il cortocircuito
determinato dalla spirale domanda-offerta determina inevitabilmente un aumento di prestazioni sanitarie
inappropriate. L’integrazione ospedale-territorio ed il suo rafforzamento consentirebbe di mirare ad una
riduzione consistente di centinaia di migliaia di prestazioni inutili e controproducenti (non solo dal punto di
vista economico). Rinunciare a questa opportunità separando i due mondi che gestiscono l’assistenza sanitaria
ai cittadini non potrà che aumentare tali inefficienze.
In questo contesto il Piano Socio-Sanitario Regionale sembra percorrere una direzione “ostinata e contraria”,
separando l’assistenza territoriale da quella ospedaliera a dispetto delle evidenze scientifiche che propendono
per una sempre maggiore integrazione socio-assistenziale.
La Regione Piemonte, soggetta ad un Piano di rientro molto difficile, non dovrebbe in questo momento rischiare
di creare ulteriori problemi gestionali ed organizzativi alle aziende sanitarie, con conseguenti maggiori
costi, sperimentando nuovi ed improbabili modelli senza una oculata valutazione delle conseguenze.
Le molte carenze (e le assenze) del Piano Sanitario sembrano la conferma che in fondo, per questa Giunta,
il PSSR è un passaggio obbligato ma non fondamentale. Come abbiamo scritto nel documento, il PSSR non
è stato elaborato per dare una “spinta” propulsiva alla sanità della Regione ma solo per andare al “traino”
dell’Addendum, dei tagli, del blocco delle assunzioni.
Non si capisce però, perchè un tale atteggiamento “draconiano” non trovi riscontro nelle scelte di tutti i giorni.
Sulla efficienza delle strutture ospedaliere noi non ci troviamo d’accordo nel mantenere presidi rischiosi per
gli operatori, pericolosi per gli utenti, ingannevoli per l’opinione pubblica, ma tranquillizzanti per i potentati
politico-elettorali locali. Vi sono molteplici esempi di strutture di questo tipo che non hanno le tecnologie
adeguate ed il personale necessario ma che vengono mantenute in vita comunque, costituendo un ennesimo
costo indiretto della politica. Così accade per alcune rianimazioni che gli stessi anestesisti ritengono costose
e inefficienti per il loro dimensionamento, per le emodinamiche che sono cresciute come funghi negli ultimi
Dott. Gabriele Gallone
Segretario Regionale
Anaao Assomed
2
15 anni senza alcun criterio, per i primariati con un numero bassissimo di posti letto. A fronte di ciò abbiamo
primari facenti funzioni, primari e capi dipartimento a scavalco, pagati per due o tre profili di responsabilità
contemporaneamente oppure sottopagati da anni in attesa di concorsi ormai bloccati. Come mai, il problema
dei piccoli ospedali, degli ospedali con ostetricia senza neonatologo in guardia attiva, degli ospedali di poco
meno di 40 posti letto (!), dei punti di primo intervento con meno di 3 passaggi al giorno e delle ostetricie al
di sotto degli standard dell’OMS non ci si occupa con lo stessa perseveranza?
Avremmo sicuramente plaudito ad una netta posizione sulla diffusione della clinical governance di stampo
anglosassone. Ma uno slancio su questo versante non pare agevole per chi è stato prestato alla sanita’ da
un altro mondo. Dobbiamo purtroppo verificare che tale slancio non è provenuto neppure dagli esperti che
ruotano intorno all’Assessorato. Sulla formazione dei professionisti, ad esempio, è calato il sipario.
La
stretta interconnessione tra varie discipline impongono un percorso formativo post-specializzazione molto
attento a tutti gli aspetti che possono modificare in meglio l’assistenza alla persona tramite protocolli
diagnostico-terapeutici, linee guida, processi assistenziali complessi, nuove tecnologie. La preponderanza
della informazione scientifica del farmaco quasi esclusivamente in mano alle industrie farmaceutiche (non
sempre o solo raramente obiettive) impone di attuare momenti informativi specifici e periodici sull’utilizzo
dei nuovi farmaci, non solo per gli aspetti economici ma anche per quelli strettamenti clinici (l’esempio degli
inibitori della cox-2 può valere come esempio). A questo proposito l’atteggiamento dell’Assessorato sulla
Biblioteca Virtuale della Salute (BVS)è paradigmatica. Già abbondantemente ridotta nel numero di abbonamenti,
stava per essere soppressa. Eppure la BVS fa risparmiare soldi in abbonamenti, è consultabile anche
da casa, è disponibile per tutti gli operatori del SSR, anche per il personale convenzionato. Ma secondo qualcuno
“costa”. In realtà costa “meno” di quanto spenderebbero (e spendevano) le singole aziende ospedaliere
tutte assieme. Ma secondo qualcuno (cito testuale): “i medici non devono leggere, devono lavorare”. Quindi
il medico deve lavorare, l’infermiere deve mettere su flebo, l’OSS deve trainare letti e barelle, l’amministrativo
non serve a niente, i tecnici e tutti gli altri sanitari pensino a evitare di essere messi in mobilità. Il fatto
che la conoscenza, la formazione e l’aggiornamento diano maggiori risultati e benefici (e risparmi) non ha
importanza. È meglio che tutti i medici prescrivano tanti antibiotici diversi per la stessa patologia per lo stesso
tipo di paziente aumentando i costi. È meglio che i medici non sappiano che certe procedure o indagini
diagnostiche sono obsolete o inappropriate, che ci sono linee guida migliorate per evitare complicanze. Gli
infermieri non debbono sapere che ci sono studi che dimostrano che vi sono setting assistenziali e procedure
che avvantaggiano il paziente e facilitano una dimissione più rapida. Gli amministrativi non debbono sapere
che sul codice degli appalti e sul sole 24 ore sanità vi sono riferimenti a sentenze che potrebbero aiutarli
nell’espletare la loro attività nei vari ambiti in cui operano. No, è meglio tagliare.
Il piano socio-sanitario è purtoppo assolutamente generico. Come sarà approfondito nelle pagine seguenti, vi
sono enormi buchi a livello di macroambiti che nessun piano sanitario può permettersi di omettere. Vi sono
per fortuna capitoli e paragrafi molto migliori e assai adeguati. Dobbiamo purtroppo rilevare che queste parti
sono state letteralmente “copiate” di sana pianta senza neppure minime modifiche testuali. Clamoroso è
addirittura il plagio nella parte introduttiva. Malgrado la forte spinta federalista che la Regione vuole perseguire,
verifichiamo con piacere che il piano sanitario “centralista” ha ancora una sua dignità...almeno nel
“copiaincolla”.
Un esempio di scarsa chiarezza è la collocazione degli ospedali nei tre gruppi (di riferimento, cardine e di
prossimità) in quanto da mesi assistiamo al balletto tra Enti locali e Assessorato per analizzare, definire e poi
correggere dove si collocheranno i vari presidi presenti nelle province piemontesi. Questa scarsa chiarezza
è rappresentata dall’allegato 2 dove ci si limita ad si individuare le discipline per gli ospedali di riferimento,
di cardine e di prossimità, ma non vengono rappresentati i criteri su cui si baserà la riclassificazione della
rete ospedaliera.
Il “mantra” separazione ospedale-territorio è comunque incomprensibile dal punto di vista politico-sanitario.
Secondo la legislazione vigente (legge 833/78, 502/92, 229/99), la continuità ospedale-territorio e le specialità
ospedaliere generaliste sono assicurate all’interno delle Aziende Sanitarie Locali. Le Aziende Ospedaliere
invece assicurano le prestazioni ad alta complessità a valenza sovra-aziendale e sovra-territoriale, oltre
alle attività di insegnamento e ricerca. Nella proposta di Piano Sanitario Regionale alle ASL resterebbero
la prevenzione e tutta la gestione del territorio e l’acquisto delle prestazioni ospedaliere dalle ASO o dagli
formazione è fondamentale in ogni sistema in cui le conoscenze evolvono rapidamente. La sempre più
3
erogatori accreditati. Per sanare la frattura tra ospedale e territorio era stato inserito, nelle precedenti versioni
del piano stesso un dipartimento ad hoc, evidenziando implicitamente che la problematica dovuta allo
scorporo ospedale-territorio era ben presente ai latori del documento. Tale Dipartimento nelle successive
bozze, tra cui quest’ultima, non è più rinvenibile. Pur non essendo da parte nostra auspicabile la creazione di
ulteriori sovrastrutture gestionali, rimane da capire quale tipo di integrazione sia possibile in una situazione
di separazione così netta quale quella proposta.
Chi ha adottato il modello dello scorporo tra erogazione e tutela sta rivalutando tale scelta, perché il modello
svuota gli ospedali “generalisti” e concentra progressivamente l’attività nei pochi ospedali di primo livello,
oltre a innescare un micidiale meccanismo di competizione per le risorse tra pubblico e pubblico e tra pubblico
e privato accreditato che fa crescere l’inappropriatezza e inevitabilmente la spesa. Le ASL di Torino città
hanno una situazione economica peggiore delle altre per la presenza di una maggior quantità di erogatori sul
territorio. Se non si riesce a contenere la spesa ora che gli ospedali sono dentro le ASL, quando gli ospedali
saranno del tutto autonomi la situazione non potrà che peggiorare. Se saranno le ASL territoriali a pagare gli
ospedali pubblici, si determinerà una “deresponsabilizzazione” degli ospedali sul versante della efficienza. Il
modello lombardo, spesso citato dall’attuale amministrazione regionale come esempio virtuoso da cui prendere
esempio, ha dovuto pesantemente rivedere i tetti di spesa per le strutture private ccreditate e per le
strutture ospedaliere proprio in conseguenza di una deriva nella spirale domanda-offerta che avrebbe potuto
minare l’equilibrio finanziario della Regione. Il Piemonte non ha una rete del privato accreditato come quella
lombarda e non vorremmo assistere alla creazione di nuova ospedalità privata per compensare e governare
una più alta domanda di prestazioni. Le Regioni con una alta percentuale di posti letto privato-accreditati,
come di una rilevante porzione di erogazione di prestazioni ambulatoriali (Lazio, Campania, Sicilia) versano
in condizioni assai peggiori dal punto di vista economico.
L’accorpamento in poche grandissime aziende determinerà invevitabilmente, come sempre avvenuto sia
negli accorpamenti del 1995 che in quelli del 2008, problemi gestionali e di spesa che in questo momento
sarebbero assolutamente da evitare. Tali problemi non sono del tutto superati rispetto all’ultima riorganizzazione
di soli 4 anni fa. Inoltre i testi di economia ricordano che le Aziende, oltre ad una certa dimensione,
diventano ingovernabili e portano e diseconomie di scala. Risulta quindi inutile e dannoso procedere ad un
altro accorpamento di Aziende già accorpate nel 2008.
Non esistono evidenze scientifiche, né valutazioni economiche nella proposta di Piano che evidenzino i
vantaggi in termini di riduzione della spesa sia per quanto riguarda ulteriori accorpamenti sia per lo scorporo
dell’ospedale dal territorio. Il timore fondato pertanto, è che quelle che sono state ripetutamente etichettate
come “idrovore” dal punto di vista finanziario (le strutture ospedaliere) rischino di divenire ancora più esigenti.
Il potenziamento della integrazione tra strutture di ricovero e servizi assistenziali è la strada seguita
in tutta Italia per limitare il continuo aumento di spesa.
In momenti come questi (anzi in un momento come questo, dato che quella che stiamo vivendo è la più grande
crisi dal dopoguerra), sarebbe meglio fare efficienza, appropriatezza e trovare soluzioni il più possibile
condivise per ridurre gli sprechi e garantire gli stessi servizi ai cittadini. Così non è, almeno per gli anziani,
che sono costretti a rimanere in ospedale perchè sono stati chiusi i rubinetti della residenzialità, così non è
per gli operatori che si trovano ad operare in strutture in cui il personale è ormai pari ai contingenti minimi
in caso di sciopero, così non è per i medici che hanno molte ore di straordinario non pagate, così non è per
gli operatori dei DEA che si trovano a fronteggiare una richiesta sempre più elevata di prestazioni, così non
è per le epiche liste di attesa che non si sono affatto ridotte e non si ridurranno mai se non si aggredisce il
rubinetto delle prescrizioni inappropriate.
Purtroppo non vi sono state molte occasioni di confronto con gli esponenti regionali. Di 4 incontri in Assessorato,
3 sono stati fatti con il precedente Assessore poi finito agli arresti domiciliari. Non un granchè per
esplicitare linee d’azione basate sulla nostra lunga esperienza che probabilmente qualcosa varrà.
Le grandi “visioni” riorganizzative non sono fatte per questa fase economica. Portano con sè gravi rischi di
tenuta e generando divisioni in un momento in cui bisognerebbe invece sfruttare la forza di obiettivi condivisi.
L’autoreferenzialità lascia solo macerie e noi ci auguriamo che queste macerie non siano quelle del
nostro sistema sanitario.
5
L’analisi del piano
Sommario
Premessa
...................................................................................................................6
Confronto tra i contenuti dei PSSR di alcune regioni italiane
..................................7
Cosa non c’è
..............................................................................................................9
Cosa c’è
.....................................................................................................................11
I piatti forti
...............................................................................................................15
In conclusione
............................................................................................................18
La Città della Salute di Torino - Commento al Masterplan
....................................19
6
Piano Sanitario Regionale - Tra sostenibilità e innovazione
Premessa
La lettura del PSSR della Regione Piemonte, così come deliberato in Giunta e ora avviato alla consultazione,
produce, alla lettura delle prime pagine, un impatto positivo: a parte i richiami normativi, nelle prime pagine
colpisce la definizione degli obiettivi di fondo, la citazione della carta di Tallin, la declinazione dei dati epidemiologici
e un primo elenco (generico, ma che lascia ben sperare) delle principali questioni riguardanti la
salute dei piemontesi.
La sensazione che se ne trae sfogliando i primi capitoli è che sia stato scritto con competenza e con linguaggio
appropriato;
adeguate non siano altro che un “copia-incolla” dal Piano Sanitario Nazionale 2011-2013
A scopo puramente esemplificativo, nell’indicare le criticità del SSR si sono copiate quelle illustrate per il
SSN,
Ma entriamo nel merito.
Il Piano Socio-Sanitario, come si legge nelle prime righe della premessa al documento della Regione Piemonte,
per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione regionale anche in riferimento agli obiettivi del Piano
sanitario nazionale.
Essendo un
le risorse disponibili, le criticità e gli elementi tendenziali, si provveda a delineare un percorso
che identifichi gli obiettivi da perseguire per ridimensionare gli aspetti critici, indichi le azioni da compiere,
i soggetti responsabili di tali azioni, i risultati attesi e, in ultimo, le modalità di monitoraggio e valutazione.
Metodologicamente potremmo distinguere, nella stesura di un Piano Socio-Sanitario, un aspetto che può essere
riassunto come ampiezza dei temi trattati (numerosità o sviluppo orizzontale) e un altro aspetto che è l’approfondimento
dei singoli temi trattati (sviluppo verticale).
Dal confronto con i Piani Sanitari di alcune tra le più importanti Regioni del centro-nord emerge un quadro fortemente
eterogeneo, tanto in relazione alla quantità di temi trattati, quanto alla qualità dell’approfondimento.
La tabella seguente esemplifica, per le Regioni Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Lombardia e Piemonte il numero
dei temi con l’approfondimento di ognuno di essi (quest’ultimo attraverso una codificazione colorimetrica)
purtroppo una verifica più approfondita fa emergere come la parti tecnicamente.rappresenta il piano strategico degli interventi per gli obiettivi di salute e il funzionamento dei servizipiano strategico è lecito attendersi che, dopo un’analisi epidemiologica e di contesto, in cui si approfondiscano
Pur in contesto complessivo qualitativamente valido, il Servizio Sanitario piemontese mostra importanti
criticità, quali:
1. l’inappropriatezza di alcune prestazioni ospedaliere, frutto di un insufficiente sviluppo dei servizi
territoriali;
2. le lunghe liste di attesa per alcune prestazioni ed in particolare nell’area metropolitana torinese;
3. l’ingiustificato livello di spesa farmaceutica per abitante di alcune
4. un livello qualitativo dei servizi sanitari ancora troppo disomogeneo in ambito regionale;
5. un saldo tra mobilità attiva e mobilità passiva costantemente negativo.
Province;
PSSR 2011-2015
1. L’inappropriatezza di alcune prestazioni, come l’utilizzo improprio dei ricoveri ospedalieri e dei
pronto soccorso dovuto all’organizzazione ancora insufficiente della medicina generale e al livello
medio dei servizi territoriali e di assistenza domiciliare integrata;
2. le lunghe liste di attesa;
3. l’ingiustificato livello di spesa farmaceutica per abitante di alcune
4. un livello qualitativo dei servizi sanitari molto differenziato, che spinge i cittadini a rivolgersi alle
strutture di altre Regioni per usufruire di cure adeguate
Regioni;
PSN 2011-2013
7
Confronto tra i contenuti dei PSSR di alcune regioni Italiane
n.b.: l’analisi fa esclusivamente
riferimento alla ricorrenza degli
argomenti nel testo e al loro
livello di approfondimento
Approfondito Modesto Assente o
superficiale
EMILIA VENETO TOSCANA LOMBARDIA PIEMONTE
2008-2010 2012-2014 2008-2010 2010-2014 2011-2015
(proposta) (proposta)
TEMI PIU’ ENFATIZZATI
socio-sanitaria
Programmazione
Appropriatezza Semplificazione Separazione
ospedali/
territorio
Programmazione Nuovi LEA Qualità Accorpamento
ASR
Integrazione
ARGOMENTI TRATTATI
EMILIA VENETO TOSCANA LOMBARDIA PIEMONTE
Accreditamento
Analisi epidemiologica
Appropriatezza clinica
PSN)
(ripreso dal
Appropriatezza organizzativa
Assistenza religiosa
Collaborazione pubblico-privato
Comunicazione
Legenda del livello di dettaglio:
8
Piano Sanitario Regionale - Tra sostenibilità e innovazione
Legenda del livello di dettaglio:
ARGOMENTI TRATTATI
EMILIA VENETO TOSCANA LOMBARDIA PIEMONTE
Cure odontoiatriche
Cure primarie
Dipendenze
Disabilità
Domiciliarità
Edilizia sanitaria - bio ed eco
sostenibilità
Fondo per la non autosufficienza
Formazione
Governo della domanda
Governo spesa farmaceutica
Health technology assessment
Hospice
Integrazione con il sociale
Logistica integrata
Medicina dei migranti
Medicina penitenziaria
Modalità coinvolgim. MMG
Monitoraggio/valutazione
Obesità e DCA
Percorsi nascita
Prevenzione
Relazioni internazionali
Reti cliniche
(nell'allegato)
Ricerca
Ruolo delle professioni sanitarie
Salute mentale
Sanità elettronica
Sanità veterinaria
Sicurezza alimentare
Sicurezza degli ambienti di lavoro
Sicurezza dei luoghi di cura
Terzo settore
Trapianti
9
È evidente che il “volume” di un documento non ne definisce la qualità a prescindere dal suo contenuto; in
questo senso, per esempio, il PSSR della Regione Toscana, con le sue 427 pagine, pur metodologicamente
rigorose, rischia di candidarsi a libro dei sogni.
Si collocano invece all’estremo opposto, con un eccesso di sintesi, i due Piani Sanitari di Lombardia e Piemonte.
Il Piano della Lombardia risulta caratterizzato da una efficace sintesi testuale, che gli consente di
essere sufficientemente esaustivo, anche se molto frequentemente non sono identificati gli strumenti con
cui dare seguito alle azioni ipotizzate.
Il Piano Socio-Sanitario della Regione Piemonte risulta invece oggettivamente caratterizzato da una singolare
esiguità dei temi relativi alla salute trattati, con vistosi vuoti su alcuni argomenti che tutte le altre Regioni
ritengono rilevanti.
Cosa non c’è
In primo luogo non è presente alcun riferimento al grande capitolo della Clinical Governance ed a tutti gli
strumenti a essa correlati, che sono ormai entrati nel linguaggio internazionale corrente e ispirano gran parte
degli interventi orientati tanto alla qualità delle cure quanto alla sostenibilità dei sistemi.
In questo ambito, nel quale rientra il tema del governo della domanda, completamente assente, si inseriscono
le questioni legate alla appropriatezza e alla valutazione delle tecnologie.
In una delle sue prime interviste il nuovo Ministro della Salute, Prof. Balduzzi, ha avuto il merito di marcare
l’accento sulla appropriatezza, ponendola al centro delle politiche che il nuovo Governo intende affrontare
nel campo della Salute. Nel PSSR del Piemonte l
l’ennesimo risultato di un “copia-incolla” dal Piano Sanitario Nazionale 2011-2013, non affacciandosi oltre a
un livello di condivisibili affermazioni di principio.
Nell’operazione di copiatura sono tuttavia stati ignorati gli elementi portanti, dall’analisi delle dinamiche,
come è noto eterogenee sul territorio regionale, che incidono sulla inappropriatezza clinica sia ambulatoriale
che in regime di ricovero, ai possibili strumenti di correzione. Ignorato anche il tema della
organizzativa
aggravato. In particolare, risulta assente il capitolo dell’
delle tecnologie sanitarie) che è la trasposizione della medicina basata sulle prove di efficacia su una
delle voci di costo in più tumultuoso aumento con l’avanzare delle conoscenze.
Questo silenzio è particolarmente fragoroso: il Piano Sanitario Nazionale dedica 4 pagine all’esigenza sempre
più pressante di sviluppare accurati meccanismi che governino l’ingresso delle tecnologie (dalle apparecchiature,
ai farmaci, ai device) proprio a scongiurare il rischio che tecnologie di scarso impatto sulla salute,
ma estremamente onerose, mettano a rischio la già problematica sostenibilità dei sistemi.
Lo stesso Ministro Balduzzi, in qualità di Presidente dell’Agenas, ha stimolato la creazione di un network nazionale
che coordina le attività regionali di HTA, inserendo l’Agenas nella rete internazionale dell’HTA (INAHTA).
Questo genere di proposizione si è fatta strada nel nostro Paese con significativo ritardo rispetto agli altri Paesi
’appropriatezza è affrontata al punto 2.1, dove peraltro èappropriatezzache non può essere risolto certamente con i mega-accorpamenti prospettati ma semmai esserneHealth Technology Assessment (HTA, valutazione
ARGOMENTI TRATTATI
EMILIA VENETO TOSCANA LOMBARDIA PIEMONTE
Gruppo di lavoro
regia"
molteplici
stakeholder
(Regione, DG
ASR, OOSS,
Università,
terzo settore,
etc)
non
identificato
"consultazioni
interdirezionali
e con il
coinvolgimento
di interlocutori
esterni
appartenenti
al sistema
sanitario e
socio sanitario"
non
identificato
"cabina di
Numero di pagine
190 117 427 44 50
Legenda del livello di dettaglio:
10
Piano Sanitario Regionale - Tra sostenibilità e innovazione
evoluti, ma oggi in molte Regioni (e in tutte quelle prese qui in considerazione) il tema dell’HTA è centrale nei
Piani Sanitari Regionali.
Va ricordato che fino a pochi mesi fa il modello piemontese di HTA si era fatto apprezzare in tutta Italia ed era
considerato un esempio cui fare riferimento. Con pochi efficaci interventi è stato smantellato e ora ne restano
solo le macerie: il Piano Socio-Sanitario regionale ne certifica la scomparsa.
Mancano inoltre completamente analisi contestuali e proposte di azione su quei temi che altri Piani Sanitari definiscono
come “bisogni complessi” e che richiedono politiche sociali e sanitarie fortemente integrate.
Non si accenna, per esempio, al tema della
essere messe in atto per diffondere la conoscenza da parte dei medici, dei pediatri
di famiglia, dei professionisti sanitari e dei pazienti con disabilità allo scopo di facilitare
l’intervento, aumentare la specializzazione e l’approfondimento da parte degli specialisti
sul tema della disabilità intellettiva, migliorare i processi di valutazione del funzionamento
della persona e dei fattori ambientali che la condizionano.
Analogamente non è rinvenibile il tema della
disabilità, identificando quali politiche debbanosalute mentale, né quello delle dipendenze
o quello della
PSSR di altre Regioni, sia in termini di analisi epidemiologica sia in termini di azioni per
affrontarli.
Nessun accenno alle problematiche connesse ai
si è celebrata la Giornata internazionale dei Diritti dell’Infanzia: è noto (e anche questo scientificamente
dimostrato) che questi periodi dell’esistenza di ogni individuo hanno un formidabile impatto sulla salute di cui
si godrà in età matura.
Completamente assente anche il tema della salute dei
stranieri residenti nella Regione Piemonte, quasi 200mila (198.249) solo nella provincia di
Torino con un incremento rispetto al 2009 del 7,11%.
Sarebbe stato logico aspettarsi, di fronte a questi numeri, che si immaginasse uno sforzo
nella definizione di politiche per l’integrazione capaci di assicurare una migliore e
più efficace relazione tra SSR e cittadini stranieri, in considerazione di un prevalente
bisogno di alfabetizzazione linguistica, della provenienza da contesti culturali e sociali
differenti, della non conoscenza del sistema di welfare e della difficoltà ad intrecciare
relazioni significative con i cittadini italiani.
Non si trova traccia neppure della
1/04/2008
SSN delle funzioni sanitarie relative alla Sanità penitenziaria, ponendo tre importanti
questioni:
- uniformità dell’assistenza sanitaria a favore della popolazione detenuta con il SSSR;
- la gestione dell’inserimento in comunità, su provvedimento dell’Autorità giudiziaria, di
minori e giovani adulti tossicodipendenti e/o affetti da disturbi psichici;
- gli interventi da attivare rispetto a coloro che vengono dimessi dagli Ospedali Psichiatrici
Giudiziari.
povertà e della esclusione sociale, che trovano ampi spazi neiprimi anni di vita e alla fase adolescenziale. Il 20 novembremigranti. Sono oltre 377mila gliMedicina Penitenziaria, nonostante il DPCM del1 abbia disciplinato le modalità, i criteri e le procedure per il trasferimento al
11
Anche se il tema della
degli obiettivi e delle azioni conseguenti, nonostante molte attività siano già state attivate, tra le quali la costituzione
della Commissione Regionale per il Prontuario chedovrà decidere quali farmaci saranno disponibili per i cittadini.
Non si fa cenno neppure dell’accordo “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento
della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali
nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo”
per rendere il parto più sicuro, stabilendo direttive complessive e dettagliate
riguardo il
nella nostra Regione. Un’altra carenza macroscopica, peraltro in sostanziale coerenza
con la completa assenza di strategie di coinvolgimento di tutti i professionisti è l’assenza
di qualsivoglia accenno al
avvenute a livello legislativo, quanto per la loro necessaria valorizzazione, anche in
funzione di una evoluzione positiva del sistema. È infatti evidente che l’allargamento
delle competenze che sfrutti pienamente il carattere professionale del personale infermieristico,
tecnico e di riabilitazione, rende possibile garantire il supporto ai processi di
riorganizzazione.
Per rendersi conto della portata e della potenzialità del fenomeno basterebbe guardare
allo sviluppo, nello scenario internazionale e nazionale, dell’evidence based nursing, al
sempre più diffuso strumento della condivisione con questo mondo professionale nella
pianificazione dell’assistenza, alla possibilità di utilizzare strumenti come il case management
e il disease management.
Altri temi assenti sono l’
spesa farmaceutica è in parte affrontato nell’Addendum, non si trova nel PSSR una definizione2 che esplicita le azioni necessariepercorso nascita e che parrebbe opportuno applicare integralmente ancheruolo delle professioni sanitarie, tanto per le modificazioniedilizia e la rete ospedaliera (di cui abbondano solo i rimandi all’Addendum), gli Hospice
e il vasto argomento della
comunicazione (che non pare in effetti il forte di questa Giunta).
Cosa c’è
Sin qui le cose che non ci sono.
Vediamo ora quali sono i temi presenti nel PSSR e come vengono affrontati.
Nella
per la tutela del diritto di salute (che suona un po’ vago), la compartecipazione dei cittadini alla spesa (innalzata
dal rango di necessità a principio) e la globalità di copertura come definito dai LEA (quindi definizione di
confini - quelli dei LEA - nei quali si esercita la copertura, che quindi non è globale: principio condivisibile ma da
esplicitare forse con maggiore trasparenza).
Segue la ricostruzione del quadro normativo e del percorso del Piano di rientro, lievemente autoreferenziale: per
esempio l’Addendum viene presentato come un atto di buona volontà proposto d’iniziativa regionale mentre in
realtà è il frutto di una lunga negoziazione con lo Stato che evidentemente voleva precisi impegni e garanzie sulle
manovre di contenimento dei costi.
Premessa vengono identificati alcuni principi ispiratori del Piano, tra i quali spiccano la responsabilità pubblica
1
Nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia
di sanità penitenziaria”
DPCM del 1/04/2008, avente per oggetto “Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio Sanitario
2
stipulato dalla Conferenza Stato-Regioni il 16 dicembre 2010
12
Piano Sanitario Regionale - Tra sostenibilità e innovazione
Il rischio che si corre, seguendo la logica illustrata, è il determinarsi di una sorta di “sindrome
della catastrofe”: la situazione delle risorse è talmente drammatica da spingere
tutti a considerare inevitabile il ribaltamento dei paradigmi, per cui la quadratura dei
conti diventa l’obiettivo del sistema e non più il vincolo cui adeguarsi.
Nell’insieme dalla premessa si trae la sensazione che si intenda ridimensionare il ruolo
del PSSR, avendo la Giunta Regionale, nei fatti, accettato di farsi guidare anzitutto dal
Piano di Rientro, rinunciando ad un ruolo propulsivo autonomo del Piano Sanitario.
La pagina 7 è la riproduzione fedele delle pagine 5 e 6 del Piano Sanitario Nazionale
Nella
gli elementi epidemiologici e demografici più significativi; non si riscontrano novità di rilievo rispetto al passato e
saranno scarsi, nel corso del testo che segue, i richiami ai problemi qui evidenziati.
Seguono
elementi di novità; può valer la pena segnalare che il saldo della mobilità è diventato attivo lo scorso anno. Significativa
la fiducia riposta nel contesto federalista come strumento per pervenire alla “riduzione degli sprechi,
delle diseconomie, delle duplicazioni di attività”. Niente più che un auspicio, ma non vi sono elementi a sostegno
di questa ipotesi.
I capitoli
pagine 18-19 e 20-21), con alcuni significativi tagli: sparisce completamente, per esempio, ogni
riferimento all’Health Technology Assessment.
Il capitolo
epidemiologica (Lo stato di Salute della popolazione in Piemonte, 2006
relazioni di rilievo con il resto del PSSR.
Il capitolo
campo libero alla Giunta regionale e all’AReSS cui competerà di definire un piano di azione ispirato all’Addendum.
3.Parte I il primo capitolo (Lo stato di salute e i principali problemi…) si elencano, come è consuetudine,Le criticità, delle quali si è già detto essere in parte copiate dal PSN (pagina 17), e che non introduconoAppropriatezza(2.1) e Presa in carico del cittadino (2.2) sono identici ai corrispondenti del PSN (rispettivamente2.3 (Le metamorfosi nei luoghi delle cure) è ampiamente ispirato alla relazione sanitaria della rete4) e risulta quindi un po’ datato e senza2.4 (Gli edifici ospedalieri) annuncia la riconversione dei piccoli ospedali - condivisibile - ma lascia
I modelli di organizzazione (2.5)
nel resto del documento.
richiama principi e concetti generali, cui peraltro viene prestata scarsa attenzione
Sanità occasione di crescita (2.6)
le meraviglie della tecnologia.
è molto simile a quello del vigente PSSR, con un certo sbilanciamento verso
Il sistema informativo sanitario (2.7)
corso da anni in AReSS e in precedenza chiamato Sirse. Ovviamente condivisibile, dato che i contenuti sono già
noti e le poche cose già realizzate (radiologia in rete) sono state realizzate durante la precedente amministrazione.
Aspettiamo che anche le altre diventino fatti.
Al punto
è un capitolo lungo e articolato che riprende in larga misura il progetto in3. si affrontano le Scelte prioritarie.
3.1 Il fondo della non autosufficienza
Rischia di essere un’operazione sostanzialmente nominalistica. Viene solo denominato in questo modo l’insieme
delle risorse attuali (di cui la gran parte sono quelle sanitarie, oggi in pericolosa contrazione) senza fornire alcuna
garanzia né sulla entità del fondo, né sugli strumenti per gestirlo vincolandone la destinazione, né sui criteri e sui
livelli di assistenza che il fondo dovrebbe assicurare.
Le prestazioni finanziabili dal fondo vengono semplicemente elencate, i criteri di pianificazione dell’assistenza
vengono solo annunciati (la valutazione multidimensionale) e la gestione sembra resterà separata tra ASL e Enti
gestori in base ad una ripartizione del fondo che verrà stabilita dalla Giunta. Va segnalata la grave incoerenza
tra la presenza di un fondo di questo tipo e l’assenza nel PSR di qualsiasi accenno alla integrazione con il sociale.
3
PSN 2011-2013. http://www.salute.gov.it/pubblicazioni/ppRisultatiPSN.jsp. Ultimo accesso: 3 dicembre 2011.
4
http://www.regione.piemonte.it/sanita/ep/salute2006/index.htm Ultimo accesso 30 novembre 2011.
13
3.2 La garanzia dei diritti
Altro pezzo copiato dal PSN, pagina 10.
3.3 La riduzione dei tempi di attesa
Niente di nuovo. Tutto punta sulla prenotazione, nulla sul governo della domanda.
È lecito avere dei dubbi sul CUP unico regionale, considerando che la mobilità per la specialistica è essenzialmente
entro la provincia. Condivisibile l’idea di estendere la rete CUP al privato convenzionato.
Si citano il contact centre e il recall come innovazioni ma esistono già da tre anni.
3.4 Sostenibilità e costi standard
Qui stanno le novità, in positivo e in negativo.
In positivo perché finalmente, dopo anni, la Regione Piemonte si rende conto che i costi standard - ai quali aveva
attribuito poteri magici - non sono il rimedio immediato che pensava di poter somministrare alla sanità piemontese,
ma vanno introdotti con gradualità, metodo e serietà. Il paragrafo è infatti un elenco delle difficoltà incontrate
(colpevolmente ignorate fino ad ora) e una implicita ammissione di superficialità, tanto è vero che - dopo anni
di propaganda sui costi standard - il PSSR si pone l’obiettivo di “… definire un rigoroso metodo scientifico con il
quale procedere…”!
Costituiscono invece motivo di preoccupazione le (volutamente confuse?) affermazioni sul ruolo del privato e
dei fondi integrativi. Il PSSR giustifica la collaborazione con il privato con la necessità di “sostenere la crescita
fisiologica dei costi”, il che fa pensare a una Regione che intende rinunciare al governo del sistema sanitario e
preferisce costruire spazi per la crescita del mercato privato, a prescindere dalla valutazione dei bisogni delle
persone. Inoltre, i fondi integrativi sono presentati come lo strumento che realizza una sanità per i cittadini non
“di fascia debole” diversa da quella garantita ai cittadini “di fascia debole”, ovvero la nascita di una sanità di serie
A e una di serie B, e il superamento di un sistema universalistico. È questa la scelta della Giunta Cota?
Resta il dubbio sul peso da attribuire a un capitolo che (come del resto gran parte del documento) contiene gravi
inesattezze (ad esempio, non è vero che la “nuova normativa” sul federalismo fiscale “cancella i trasferimenti
statali”: sono già stati cancellati dal 2001!), preoccupanti imprecisioni (cosa significa “tutti hanno diritto alla salute”?
forse si intendeva dire “tutti hanno diritto alla tutela della salute”; ma può l’Amministrazione Regionale cui la
Costituzione affida le competenze in materia di “tutela della salute” non conoscerne il significato?) e grossolane
affermazioni (come interpretare la frase “il rapporto medico - paziente ha sovente portato ad escludere l’interesse
di altre discipline a ricercare soluzioni efficaci”?). Quale credibilità attribuire a un paragrafo così confuso?
3.5 Le risorse umane
Apprezzabile il riconoscimento del ruolo della risorsa umana, che “rappresenta il capitale più rilevante del sistema
sanitario piemontese”. Sembra un po’ debole però nella identificazione degli obiettivi e degli strumenti, non
affrontando mai, come si è già detto, il ruolo crescente delle professioni sanitarie, sfiorando solo il tema portante
della formazione. Il paventato taglio della Biblioteca Vituale della Salute (già abbondantemente potata) se guardiamo
ai fatti, non pare andare in questa direzione.
3.6 Il rapporto coi cittadini e la partecipazione degli utenti
Quasi completamente copiato dal PSN (pagine 14 e 15).
3.7 L’opportunità del welfare e il terzo settore
Altro punto delicato riguarda il sistema del welfare nel cui ambito viene addirittura ipotizzata la “cessione” dei
servizi sociali e sanitari direttamente gestiti dalle ASL e dai Consorzi ai privati e al privato sociale.
Ammantandola con i principi della solidarietà e della sussidiarietà, con la promessa di orientare in questa direzio
14
Piano Sanitario Regionale - Tra sostenibilità e innovazione
ne i presunti risparmi ospedalieri, si disegna, in realtà, la rinuncia al controllo pubblico sul sistema regionale del
welfare configurando alleanze con una parte del terzo settore.
Non dimentichiamo che già oggi la cessione di una quota di servizi a questa componente avviene nell’ambito di una
progressiva precarizzazione (sia dei servizi che delle condizioni di lavoro) e che l’abbandono della gestione diretta
dei servizi comporta la perdita delle competenze specifiche che servono a negoziare efficacemente la cessione.
3.8 L’assistenza religiosa
Non aggiunge nulla all’esistente.
A questo punto viene affrontato il tema del riordino (che vedremo alla fine), per poi riprendere con alcuni aspetti generali:
8. Criteri generali per l’organizzazione
Vengono richiamati i principi sull’atto aziendale e sui dipartimenti (8.1) che sono disciplinati altrove da norme che
non potrebbero comunque essere modificate in questo modo.
La prevenzione (8.2.1)
che gli estensori non siano consapevoli dei contenuti. Sicuramente il capitolo successivo sulla sanità veterinaria
(
non è più un allegato. Viene confermato il Piano regionale di Prevenzione ma si ha la sensazione8.2.2) presuppone un assetto organizzativo che non è quello del piano regionale di prevenzione attuale.
Il distretto, il CAP e le cure primarie
Vengono presentate le aree funzionali che compongono i CAP. L’estensione è notevole e contiene anche novità
(la diagnostica strumentale di primo livello, che sembra un piccolo pronto soccorso sotto altro nome? la sorveglianza
temporanea che sembra quasi una forma di ricovero diurno?) Si capisce che la gestione delle patologie
croniche non fa più parte delle cure primarie (che sembrano limitarsi alla solita routine dei MMG e PLS). Tutto è
solo annunciato. Per realizzare una struttura del genere occorre mettere a punto le regole (che vanno in altre
direzioni), trovare i soldi (che non ci sono) e soprattutto verificare la disponibilità dei professionisti.
Il capitolo
su una funzione distrettuale con i Gruppi progetto per i percorsi, rende tutto soffice, quasi impalpabile, mentre
il tema della
In
di concreto. Tutto deve ancora avvenire: la scelta del modello, la definizione delle strategie, ecc. Se ne trae la
sensazione che, rispetto al presente, si faccia anche qualche passo indietro: per esempio viene esplicitato che i dipartimenti
si possono organizzare secondo qualsiasi principio (organo, specialità, momento di cura, altro a scelta).
Si introduce, accanto alla organizzazione per intensità di cura anche la distinzione delle responsabilità gestione
dei percorsi di cura e dell’organizzazione delle risorse.
Poi viene introdotta la gerarchia dei presidi ospedalieri (prossimità, cardine e riferimento) e della rete di emergenza
(PPI, PS, DEA). Da notare che i dipartimenti di emergenza sono diventati funzionali. Tutto rinviato alla Giunta
regionale per la definizione dei singoli presidi.
In
già noti (e condivisi) e riassumendo lo stato dei rapporti. Il vero obiettivo sembra quello di stipulare gli accordi
necessari prima che finisca la legislatura.
(8.2.3) riprende le funzioni e il ruolo del distretto, che sono quelle tradizionali.8.2.5 affronta il tema della Continuità assistenziale. La scomparsa del dipartimento, con il ribaltamentoPost acuzie e riabilitazione è rinviato a un provvedimento della Giunta regionale.8.3 (Organizzazione delle AO/AUO) vengono ribaditi concetti già più volte enunciati ma non si approda a niente8.3.5 si affronta in modo più specifico il tema delle aziende universitarie ospedaliere, riaffermando principi
Le città della Salute e della Scienza
Accanto ai Dipartimenti Integrati (previsti dalla legge ma mai realizzati) compaiono i Centri di Ricerca Transazionale
e di Incubazione che saranno il motore della crescita, faranno acquisire ai ricercatori la cultura d’impresa e
tutte le altre meraviglie elencate.
vengono illustrate in 8.3.6.
15
Comunque per un’analisi più approfondita del percorso torinese rinviamo al riquadro dedicato al famoso Masterplan
di cui tanto si dibatte in questi giorni.
8.4 Le funzioni amministrative e logistiche
Si intuisce che si vuole rafforzare il livello sovrazonale, anche se non sono chiari tempi e modalità. Tutto finisce
con una delega alla Giunta regionale
9: L’accreditamento
Ripete principi generali e generici. Si propone il pieno accreditamento del pubblico. Stabilisce una serie di impegni
che paiono abbastanza scontati:
- le curve di apprendimento
- gli indicatori
- contenuti per i contratti con gli erogatori
10. La valutazione
Agli strumenti già stabiliti dalle leggi e agli strumenti già elencati (annuario statistico regionale) vengono aggiunti
strumenti per la valutazione di risultato (miglioramento della qualità, variabilità della performance, eventi sentinella)
e la valutazione degli esiti.
In sintesi
tutto il rispetto per la storica e meritoria casa editrice), sprovvisto di organicità, fortemente eterogeneo e con
enormi buchi; essenzialmente colpiscono da una parte le molteplici amnesie (alcune delle quali oggettivamente
incomprensibili) e dall’altra l’assenza completa di una metodologia nella stesura del piano (problema-obiettivoazione-
risultati).
Le tematiche che non sono state dimenticate soffrono infatti di un percorso delineato che metta in relazione il
problema con le modalità concrete con cui si intende risolverlo.
, nell’affrontare i temi della salute dei cittadini piemontesi il PSSR appare scritto come un Bignami (con
I Piatti forti
Sorge il sospetto che la superficialità con cui molti temi vengono trattati sia funzionale al fatto che il grosso dello
sforzo propositivo del piano è orientato a far passare tre pilastri fondamentali.
I primi due viaggiano spesso in coppia e sono:
1. Separazione produttore-erogatore
2. Accorpamenti delle ASR
Nelle premesse epidemiologiche si citano i dati relativi all’invecchiamento della popolazione e alle pluripatologie
(anche se non si accenna al mutamento sociologico dell’organizzazione famigliare con carenza dei caregiver),
ma a questo non consegue alcuna prospettiva, anzi. In tutto il mondo occidentale si ragiona sul tema della continuità
assistenziale, sulla relazione ospedale-territorio, sulla transitional care, (documenti JCI
Geriatric Society
o evidenza scientifica (mera traslazione del - mitizzato - modello lombardo).
Viene in sostanza proposta la separazione tra funzioni di tutela e di produzione (anche se il distretto viene confermato
nel suo ruolo misto di produttore e di compratore) e vengono create le aziende “cluster” cui competono
tutte le cure ospedaliere e quelle specialistiche (3 saranno aziende universitarie-ospedaliere).
I motivi indicati a sostegno di questa radicale trasformazione sono due:
1. il conflitto di interesse tra le funzioni di gestione e quelle di controllo attribuite alle ASL;
2. la probabilità che l’appartenenza alla medesima azienda sanitaria favorisca l’integrazione tra professionisti.
È interessante sottolineare come vengano previsti i pericoli derivanti dalla separazione soprattutto per quello che concerne
la continuità delle cure, e che quindi “
Il primo argomento (il conflitto di interesse) pare del tutto pretestuoso.
5, WHO6, American7), ma l’azione che consegue nel PSSR è la separazione ospedale territorio, senza alcun razionaletali problematiche devono essere attentamente presidiate e governate.”
5
http://www.jointcommission.org/assets/1/18/OME_transitional_care_bibliography.pdf Ultimo accesso: 28 novembre 2011.
6
http://www.euro.who.int/__data/assets/pdf_file/0006/74670/E87542.pdf Ultimo accesso: 3 dicembre 2011.
7
http://www.caretransitions.org/documents/Improving%20the%20quality%20-%20JAGS.pdf Ultimo accesso: 3 dicembre 2011.
16
Piano Sanitario Regionale - Tra sostenibilità e innovazione
In realtà le ASL manterranno la produzione diretta delle cure territoriali e della prevenzione e quindi il presunto
conflitto di interesse resterebbe tale per almeno il 55% della spesa sanitaria. Inoltre il modello piemontese attuale
prevede che le funzioni di programmazione e di controllo siano esercitate dalla Regione mentre alle ASR spettano
solo le funzioni gestionali con il compito di raggiungere gli obiettivi e di rispettare gli standard e con la libertà di
adottare le soluzioni organizzative ritenute più efficaci adattandole alle diverse esigenze territoriali.
L’eventualità che, appartenendo alla stessa Azienda, i professionisti integrino maggiormente il proprio lavoro è
tutta da verificare (al di là della possibilità di operare una mobilità coatta, spostando la sede di lavoro anche di
molte decine di chilometri). Basta aver vissuto l’esperienza piemontese che ha visto due stagioni di fusione tra
aziende sanitarie diverse (quella del 1995 e quella del 2008) per constatare come l’appartenenza alla medesima
azienda, in realtà, sia una condizione di per se insufficiente affinché l’integrazione avvenga. I territori, i presidi e
i professionisti sono ancora, in gran parte, gli stessi. Ci sono già oggi aziende con reti ospedaliere imponenti che,
se fosse bastata l’identità amministrativa, sarebbero integrate da un decennio almeno.
Inoltre un conto è accorpare ASR esistenti fondendole tra loro (e già questo richiede anni di lavoro e concrete
difficoltà), altra questione è scomporre in parti le Aziende esistenti (per estrarne gli ospedali) e poi ricomporle
in nuove entità trasferendo personale e mezzi. Le esperienze passate dimostrano che il processo richiede tempi
lunghi per essere realizzato e tempi ancora più lunghi per produrre effetti. Vi è il concreto periodo che nel
frattempo si possano produrre perturbazioni del livello quali-quantitativo dei servizi e, almeno nella prima fase,
significative diseconomie.
Infine la continuità delle cure che, si ammette già nella proposta, verrà messa in difficoltà dalla separazione delle
Aziende, non trova più alcuna risposta. Il dipartimento della continuità (o delle fragilità), presente nelle precedenti
versioni del PSSR, scompare all’ultimo minuto. La funzione viene affidata al distretto (dal lato ASL) e alla
Direzione di Presidio (dal lato AO) senza alcun indirizzo o criterio guida.
Va anche detto che le esperienze di separazione tra i produttori e gli acquirenti di assistenza ospedaliera (segnatamente
quella lombarda) non hanno mostrato di saper ridurre il ricorso alle cure ospedaliere (che, in Piemonte,
sono già particolarmente contenute). I risparmi potrebbero, forse, derivare da una maggior efficienza di produzione
delle nuove aziende ospedaliere a cluster, ma la capacità delle aziende territoriali di governare la domanda
e indirizzarla verso cure alternative a più basso costo richiede una capacità di negoziazione (con i professionisti
innanzitutto) che è ancora tutta da costruire e risorse per sviluppare le alternative al ricovero che sono ancora
tutte da reperire.
La più volte citata esperienza lombarda rivela come la separazione delle aziende abbia, nei fatti, portato a favorire
gli ospedali che sono diventati relativamente più autorevoli e potenti nei rapporti con le aziende territoriali.
Una tale evoluzione renderebbe ancora più difficile il governo della domanda e l’orientamento verso il territorio
delle eventuali economie derivanti da una maggior efficienza ospedaliera non è affatto scontata.
17
In
sintesi si può dire che
L’accorpamento delle ASL:
1. è costoso (assorbe energie e risorse);
2. richiede tempi lunghi;
3. aumenta la complessità organizzativa delle aziende;
4. favorisce l’uniformità dei percorsi assistenziali (senza esserne garanzia) ma rischia il livellamento verso il
basso dell’offerta;
5. crea mega ASL, laddove la dimensione attuale delle ASL piemontesi non è fuori linea da quelle nazionali.
Le economie di scala sono realizzabili con il semplice accorpamento delle funzioni e con una forte regia regionale
.
Lo scorporo degli ospedali:
1. aumenta il livello di concentrazione delle strutture ospedaliere in capo ad un’unica Azienda (con un’unica strategia),
assegnandole un potere monopolistico a livello locale, riducendo nei fatti quella possibilità di scelta dei
cittadini che la riforma dichiara di voler aumentare)
2. aumenta il livello di complessità, da cui un aumento dei costi di transazione (per definire e monitorare i contratti
di fornitura);
3. dis-integra l’ospedale dal territorio, riducendo gli incentivi a garantire continuità fra ospedale e territorio
4. incentiva gli ospedali ad aumentare i volumi di attività e i ricavi, generando incrementi della spesa complessiva
e dei livelli di in appropriatezza;
5. richiede un rafforzamento delle capacità delle ASL di svolgere il ruolo di tutela;
6. frammenta la visione d’insieme (corporate view) che la dirigenza delle ASL ha fino a ora praticato (pur con
debolezze);
Le dimensioni (budget, posti letto, personale, ecc.) delle future aziende ospedaliere sono estremamente rilevanti,
superiori a quello delle maggiori ASO nazionali: avranno in media circa 2.000 posti letto (più di 3.000 le Molinette)
e opereranno su oltre dieci sedi.
Eppure la letteratura scientifica indica che oltre 800-1000 posti letto (e in alcuni casi anche prima)
operare diseconomie di scala.
Negli ospedali piemontesi esistono sicuramente economie di scala non sfruttate, ma accorpamenti di tali dimensioni
spingono la rete ospedaliera verso dimensioni non efficienti, sia perché eccessivamente grandi sia perché
frammentate in troppe strutture.
8 iniziano a
3. Il ruolo del privato
Il crescente ruolo del privato circonda il nuovo PSSR da due fronti: quello della collaborazione pubblico privato e
quello della compartecipazione dei cittadini alla spesa.
Il capitoletto dedicato alla
ampliare gli ambiti e le occasioni. Si tratta di un’inversione totale di tendenza rispetto ai principi del PSSR
vigente e agli impegni assunti finora dalla Regione (ad esempio le sperimentazioni gestionali e il project financing
sono state oggetto di specifici accordi con le confederazioni sindacali che limitavano fortemente le prime e esplicitamente
escludevano il secondo. Le esperienze (anche nella nostra Regione) dimostrano che l’insinuarsi della
gestione privata in attività core della sanità genera un aumento costi e della inappropriatezza, oltre a estendere
il fenomeno della precarizzazione (vedi sopra).
La seconda, strisciante questione è quella della
in una clamorosa restrizione del diritto alla salute. Dei limiti del ticket già sappiamo bene, ma qui si rilanciano i
fondi sanitari integrativi, che minano alla base i principi di universalità e gratuità su cui si fonda il nostro Servizio
Sanitario. Dove sono stati introdotti hanno portato a pericolose asimmetrie di qualità all’interno dei servizi sanitari
(con la nascita di servizi di lusso, pagati dalle assicurazioni, e il progressivo deterioramento dei rimanenti servizi)
e hanno prodotto addirittura una crescita della spesa pubblica.
collaborazione col privato è solo un elenco di strumenti ma l’intenzione pare evidente:partecipazione dei cittadini alla spesa, che rischia di tradursi
8
1063-65
John Posnett. The hospital of the future. Is bigger better? Concentration in the provision of secondary care. BMJ 319, 16 oct. 1999;
18
Piano Sanitario Regionale - Tra sostenibilità e innovazione
In Conclusione
Per ogni problema complesso c’è una soluzione semplice. Ed è sbagliata.
George Bernard Shaw
Il SSR piemontese è da anni ai primi posti in Italia in tutte le classifiche proposte dai vari Istituti di ricerca. È certamente
un SSR di qualità, che ha bisogno di guadagnare efficienza, non deve essere rivoluzionato; e l’efficienza
si guadagna con un lento lavoro di perfezionamento del sistema, con il coinvolgimento degli operatori e delle loro
rappresentanze, con la definizione di regole più omogenee e stringenti nella gestione della spesa, non stravolgendone
l’impalcatura per poter dar conto di slogan e promesse demagogiche.
I primi risultati di questo approccio li vediamo già: tagli lineari, riduzione dei servizi, sofferenza diffusa del sistema,
insoddisfazione crescente dei cittadini.
L’obiettivo unico di questo PSSR è il rispetto dei vincoli di spesa
della salute, la garanzia dei livelli essenziali, la continuità delle cure, l’appropriatezza dei consumi, la partecipazione
dei cittadini e dei professionisti) viene solo enunciato ma resta privo di strumenti concreti di attuazione.
; ogni altro obiettivo o impegno (la promozione
Noi pensiamo che i problemi della salute abbiano bisogno di un approccio scientifico: le soluzioni hanno bisogno
di evidenze, di un’analisi accurata, di un progetto condiviso e di modalità di applicazione attente e progressive:
mosse sbagliate, conseguenza di eccitanti slogan pseudo-modernisti, si riflettono direttamente sulla salute dei
cittadini; rimediare è possibile, ma in qualche caso può essere troppo tardi
.
19
La città della salute: dal masterplan la salute per la città?
Il Master Plan predisposto dall’Aress si “propone di definire le linee generali di indirizzo del programma di realizzazione
di Città della Salute e della Scienza di Torino, intesa quale sistema organizzato e coerente di processi,
di attività e di strutture....”
Le informazioni desumibili dal documento non sono però molto numerose. Vediamole in dettaglio
Polo ospedaliero - La proposta è sintetizzabile in tre torri di 12 piani, ciascuna contenente 400 posti letto, lungo
l’asse di via Nizza. A queste si aggiunge un’area, la cui capacità insediativa è pari a circa 200 posti letto, da destinare
prima alla gestione del transitorio e poi alle cure intermedie. È ipotizzata infine un’altra area di servizi
comuni che potrebbe arrivare a contenere sino a 12 piani fuori terra.
Il tutto è in relazione funzionale con l’AO CTO/Maria Adelaide (“in quanto sarà annessa al cluster ospedaliero
Molinette e potrebbe essere suscettibile di revisione del proprio assetto organizzativo e funzionale”).
Il DEA unico e centralizzato (anche del CTO? - non è chiarito) sarà realizzato nell’area compresa tra quella destinata
al materno - infantile e quella destinata alla chirurgia.
L’area della didattica (per 5.000 studenti) è individuata nel sito ora occupato dall’attuale PO S. Anna e avrà a
disposizione circa 30.000 mq, ma anche all’interno del polo ospedaliero sono previsti spazi per la didattica, ampi
circa 12000 mq.
L’area della ricerca (per 1000 unità) sarà al posto dell’attuale PO OIRM e avrà a disposizione circa 50.000 mq,
oltre a 2.500 per l’incubazione di idee.
Il polo incubatore coincide con il Centro di Biotecnologie Molecolari in Via Nizza, coi suoi mq che varieranno da
500 a 5000mq (sic!).
Il polo dell’accoglienza (per 1.200 posti alloggio) avrà a disposizione le aree sud est o nord dell’attuale comprensorio
Molinette, con soluzioni corrispondenti a spazi compresi tra 32.000 e 50.000 mq.
Questo è quello che si può desumere. Veniamo alle considerazioni.
La composizione del gruppo di lavoro suscita già delle perplessità: mentre compare il direttore medico di presidio
del Sant’Anna, manca un referente gestionale per l’AOU dell’Ospedale Molinette nonostante risulti che un dirigente
medico della direzione di presidio per molti mesi abbia partecipato ai lavori. Non è possibile immaginare
quali Direttori Generale e Direttori Sanitari d’Azienda abbiano contribuito sul piano tecnico alla definizione del
documento.
I contenuti: grave è la sostanziale assenza di un capitolo descrittivo delle attuali funzioni e del relativo assetto
organizzativo dell’AOU e come ne venga immaginata l’evoluzione. A titolo di esempio, la trasformazione di 400
posti letto per acuti in circa 200 posti letto di cure intermedie non dovrebbe essere meglio analizzata e spiegata?
20
Piano Sanitario Regionale - Tra sostenibilità e innovazione
E inoltre, l’analisi delle attività in essere presso l’AO OIRM-S. Anna è certamente più dettagliata di quella delle
Molinette, ma riesce ad esserlo anche quella relativa al CTO, senza che questa Azienda sia coinvolta direttamente
dal progetto.
Quali saranno le relazioni tra la Città della Salute e della Scienza (CSS) e le altre Aziende Ospedaliere? E il ruolo
all’interno della rete di emergenza? CSS resterà un hub del cluster di un’area delimitata del territorio piemontese
o sarà finalmente il punto di riferimento regionale, con un ruolo importante a livello nazionale, per le patologie di
media e alta complessità, per la didattica e per la ricerca?
L’analisi della situazione attuale si limita alla parte strutturale, individuando, peraltro correttamente, nella obsolescenza
delle strutture attuali e nell’estrema dispersione delle attività le criticità principali.
Andiamo alla descrizione di come sarà concepita la Città della salute.
È assente la descrizione, sia pure in linee generali, di quello che sarà la Città della salute.
Ci si limita infatti a qualche tavola circa le superfici delle aree. Un’informazione interessante è desumibile dalla
tavola 28: il DEA è collocato su c.so Spezia tra la torre chirurgica e la torre materno-infantile. Tra la torre medica
e il DEA è frapposta la torre chirurgica! Almeno in questo caso sarebbe stato fondamentale descrivere i contenuti
delle torri, funzioni e relazioni reciproche anche perché la maggior parte dei ricoveri da DEA sono di area medica.
Del DEA inoltre non è dichiarata neppure la superficie.
In generale, non è indicato cosa sarà contenuto nella torre medica o in quella chirurgica, le interrelazioni tra
queste e il DEA, tra queste e gli altri presidi, in particolare con la torre materno-infantile. Si parla solo di n. posti
letto e pur essendo questo un indicatore molto sintetico delle dimensioni generali ma non basta a descrivere un
ospedale. Non è riferita peraltro la distribuzione dei posti letto per area specialistica o omogenea. Nulla è riferito
circa le scelte che si intende operare in merito alla collocazione di alcuni ambiti critici quali l’area dei servizi
diagnostici, compresa l’attivita’ di radiologia interventistica, dei blocchi operatori, della medicina interventistica
(cardiologia, gastroenterologia, pneumologia).
Non sono definite le reciproche relazioni spazio-funzionali tra le varie aree: degenze, DEA, servizi diagnostici,
ambulatori, servizi logistici, servizi amministrativi, elementi questi imprenscindibili per poter comprendere quale
assetto funzionale sia stato ipotizzato.
Tra l’altro, in considerazione del fatto che nella tavola 40 i mq complessivi sono suddivisi in aree funzionali, è
evidente che un’ipotesi di nuovo assetto funzionale sia stata definita. Pertanto non si comprende il perché non
debba essere esplicitata.
Certo tale analisi, ove effettivamente presente, non è stata discussa con i professionisti delle Molinette e degli
altri ospedali della futura Città.
Nulla è riferito circa l’infrastruttura informatica e telematica benché ampio risalto se ne dia in tutte le enunciazioni
programmatiche.
Nulla è riferito circa un aspetto cruciale: la logistica e gli approvvigionamenti.
Nulla è riferito circa il nuovo assetto giuridico amministrativo.
Nulla è riferito circa la modalità scelta per l’affidamento della progettazione e dell’esecuzione dell’opera.
Costi
disponibilità presso il Ministero della Salute è di circa 380 milioni, importo insufficiente anche solo per il completamento
della prima fase, non è esplicitata alcuna previsione di integrazione con risorse regionali.
In generale, la programmazione economica e finanziaria (tavola 38) non indica le indubbiamente previste fonti
dei finanziamenti.
I costi del transitorio sono limitati agli importi previsti dall’azienda per il trasferimento delle attività coinvolte
nella prima fase. Nulla è invece previsto per affrontare le criticità emergenti (vedi dopo).
. Il costo complessivo di CSS è stimato in circa 850 milioni di euro. In considerazione del fatto che la teorica
Tempi
Sono previste tre fasi, la terza riferita di fatto al solo polo dell’accoglienza. Non sono dichiarati i tempi per le
singole fasi né per la realizzazione dell’intero progetto.
. Non sono definiti tempi per la realizzazione della CSS.
21
Transitorio
da assegnare per la sopravvivenza dell’ospedale sino al completamento dell’opera sia nella parte dell’interferenza
che un cantiere di quelle dimensioni arrecherà alle attività sanitarie, compresa la logistica e gli approvvigionamenti.
Per il primo punto, sono ormai due anni che non vengono più erogati finanziamenti per la risoluzione dei problemi
emergenti, cardiochirurgia su tutti. Si aggiunga che le stesse valutazioni AReSS, d’intesa con il Comando dei VVFF,
hanno quantificato in circa dieci milioni di euro il fabbisogno per il solo aspetto dell’antincendio. L’Assessorato
ha ritenuto di non dover finanziare neanche le opere per la sicurezza. Evidentemente nulla ha insegnato il caso
ThyssenKrupp, dove si ritenga di non dover più investire in sicurezza in una struttura che si intende abbandonare,
con l’aggravante che comunque vada i tempi non possono che essere molto lunghi.
Sul secondo punto, sarà anzitutto necessario modificare la viabilità sull’asse di C.so Spezia. Questo, oltre ad essere
una delle vie principali di accesso al PO Sant’Anna, è il punto di ingresso nevralgico alle Molinette per operatori
e merci. Preliminarmente dovranno essere demoliti o almeno svuotati due padiglioni con tempi e costi quantificati
dalla Direzione Aziendale, su mandato AReSS, in due anni e dieci milioni di euro circa. I due anni scatterebbero
dal momento di erogazione del finanziamento richiesto. L’Azienda ha peraltro di recente iniziato a investire, con
propri fondi, proprio su questi due padiglioni con l’obiettivo di trasferirvi nuove attività.
Il cantiere di realizzazione delle torri non potrà che essere di grandi dimensioni e di conseguenza avere un impatto
negativo sul normale svolgimento delle attività sanitarie nei Presidi più prossimi, Molinette e Sant’Anna.
. In alcun modo viene affrontato il problema del transitorio, sia nella parte dei finanziamenti prioritari
In sintesi, emerge come il Master Plan non spieghi quale tipo di ospedale sia stato disegnato, non c’è certezza
dei finanziamenti che peraltro a oggi non sono stati neanche richiesti, non sono stati previsti i tempi
di realizzazione, non sono state previste misure per affrontare i problemi attuali più gravi che mettono a
rischio le Molinette, non sono state ipotizzate misure per ridurre l’impatto negativo del cantiere sulle attività
sanitarie e sulla popolazione residente nell’area oggetto di intervento

Nessun commento:

Posta un commento